Premesso che abitualmente metto in discussione tutto, anche e soprattutto me stesso, in quel periodo mi sembrava velleitario parlare di rivoluzione in agricoltura.
Nuovi strumenti come la permacultura e l’orto sinergico, erano da me percepiti come frutto della moda del momento, e di certo non li aiutava al riscatto il fatto che, a fronte di molti esperimenti seri (ma poco pubblicizzati), in internet c’è un proliferare di video in cui gli autori, dopo essersi riforniti al supermercato di tutto il necessario, iniziano il loro orticello utilizzando queste nuove tecniche agricole, senza però poi aggiornare i vari stati di crescita. Anzi, spesso occultando gli insuccessi!

Tempo fa lessi un articolo di David Holmgren dal titolo “Permacultura, dallo sfruttamento all’integrazione. Progettare modelli di vita etici, stabili e sostenibili”, grazie al quale presi conoscenza, per la prima volta, dei termini “Permacultura” e “Orto Sinergico”.

Il mio retaggio visivo rispetto al luogo nel quale ero nato e vissuto, mi ha portato per molto tempo a pensare che “fare rivoluzione in campo agricolo” fosse qualcosa d’inadeguato.
Agricoltura per me significava soprattutto piccoli orticelli tra le case dei villaggi collinari della mia città, ma anche i tanti appezzamenti coltivati in costiera Amalfitana (meta preferita delle mie gite domenicali) dove il sistema di terrazzamenti, di peschiere per la raccolta dell’acqua, così come la presenza di boschi di castagno per l’approvvigionamento di pali per la costruzione di spalliere, costituisce da sempre un tutto organico tra l’ambiente naturale e l’ambiente antropizzato.

orto sinergico

Non mi ero mai soffermato a riflettere che questo era un “tipo” di agricoltura ancora artigianale, a conduzione familiare, dove il consumo dei prodotti ricavati dalla terra era rivolto all’interno della famiglia stessa che conduceva il terreno.

Poi mi resi conto viaggiando, che esistevano ed esistono altre realtà agricole dove la grande quantità di prodotti sono destinati al consumo diretto o alla trasformazione industriale.
Ma anche qui, inizialmente, piuttosto che riflettere sulle implicazioni che un tale tipo di agricoltura comportava, mi soffermavo a contemplare il carattere formale di una gigantesca tela astratta che quell’immensa distesa di campi arati, o coltivati, mi portava alla mente.
Spesso questo tipo di agricoltura ha caratterizzato un paesaggio, fatto soltanto di macchine agricole e case molto distanti fra loro, allontanando l’uomo dalla terra per portarlo verso i nuclei urbani, e trasformando i campi in una vera e propria industria a cielo aperto dove per la coltivazione vengono utilizzati sempre più prodotti “esterni” ai campi stessi, a cominciare da fertilizzanti, pesticidi e, ahimè, anche cultivar concepite in laboratorio. Pian piano il sapere contadino ha ceduto il passo alla pluralità di voci e offerte di prodotti industriali.
Ecco, ora capivo la necessità di parlare di “rivoluzione in agricoltura” invocata in quell’articolo di Holmgren.

Dobbiamo cambiare rotta! È un imperativo. Il mondo che stiamo costruendo non è in equilibrio.

Ma la cosa che più mi aveva colpito nel testo di David Holmgrenriguardava riguardava le strategie “dal basso verso l’alto” che partono dall’individuo e si sviluppano attraverso l’esempio e l’emulazione fino a generare cambiamenti di massa: “La permacultura ha come obiettivo principale quello di permettere a individui, famiglie e comunità locali di accentuare la loro autosufficienza e autoregolazione. […] Tale approccio si basa sulla consapevolezza che una parte della società è pronta, disponibile ed in grado di cambiare il proprio comportamento, se crede che ciò sia possibile e rilevante. Questa minoranza socialmente ed ecologicamente motivata rappresenta la chiave di volta di un cambiamento su larga scala”. Cominciai a chiedermi, allora, quali fossero le mie capacità in tal senso. Cioè, benché aderissi pienamente a queste teorie, quanto dipendevo dall’esterno in termini di cibo, energia, materiale, e quanto, invece, ero in grado di autoprodurre? Constatai che purtroppo dipendevo al 100% da quel mondo esterno che tanto criticavo. Così iniziai il mio cammino, lento ma inesorabile, per abbattere sempre di più questa percentuale e portarla in mio favore.
La rivoluzione era cominciata da casa mia!

 to be continued…

Ciore Maggio

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By Categories: NotiziePublished On: 12 Settembre, 2014

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